TERAMO – La procura della Direzione distrettuale antimafia di Ancona ha chiesto una condanna a sette anni e quattro mesi di carcere per la giovane madre nigeriana accusata di aver fatto prostituire la figlia quattordicenne con un imprenditore abruzzese residente ad Ascoli Piceno. Per l’uomo è stata invece chiesta una condanna a otto anni. Il Gup del Tribunale di Ancona, preso atto delle richieste avanzate dall’accusa e dell’arringa degli avvocati difensori, ha rinviato il processo, che si svolge con rito abbreviato, al prossimo 7 febbraio, giorno in cui è attesa la sentenza. La donna, immigrata regolarmente in Italia, e l’imprenditore furono arrestati il 5 agosto 2013. Lei è accusata di induzione alla prostituzione minorile e sfruttamento della prostituzione minorile, aggravati dal rapporto di parentela. All’anziano si contesta invece il reato di atti sessuali su minore, in concorso con la madre della vittima. Un primo contatto fra la ragazzina e l’uomo sarebbe avvenuto nel luglio 2013, in cambio di 5.000 euro, ma senza rapporti sessuali. Dopo la denuncia della minore, il 5 agosto successivo i carabinieri pedinarono la madre e l’industriale, bloccati poi entrambi in flagranza di reato. La giovanissima venne portata negli uffici dell’azienda che l’anziano gestisce a Sant’Egidio alla Vibrata dove gli investigatori avevano piazzato telecamere nascoste. Quando l’uomo si denudò completamente, i militari fecero irruzione arrestandolo.
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